Questa è la foto che sta dando successo e si dice commuova il web, bah: saper chiamare le cose con il loro nome, essere chiari è un bene. Sempre e per tutti. Ogni atto di ingiustizia deve essere condannato fortemente. In Italia ci piacerebbe fosse così.
Occorre avere grande stima per la lealtà, anche quando al mio egoismo non dovesse fare comodo.
Non sono "omofobo", non lo sono mai stato. Nella mia vita (seppur breve) ho conosciuto alcuni omosessuali. Non ho mai discriminato nessuno, il Vangelo nel quale credo e dal quale attingo forza, non me lo avrebbero mai permesso.
Con le parole occorre andarci piano. La parola ci distingue dalle bestie, ma può trasformarsi in boomerang.
"Omofobo", attualmente, è chi ha paura dell' omosessuale e lo emargina. Ebbene, nei social network in questi giorni gira la foto di due giovani omosessuali che, commossi ed emozionati, stringono fra le braccia il "loro figlio" appena nato.
Quella foto mi fa male, e mi fa (permettetemelo) rabbia: quel bimbo, non è "loro", non è figlio di quella coppia di uomini, ma è stato generato da una donna della quale mai sapremo niente (e che appare solo in un angolo, di profilo nella fotografia), occorre essere chiari e non lasciarsi andare ai facili entusiasmi.
Quel bambino ha i suoi diritti anche se ancora non riesce a farli valere. Quel bambino è figlio di una donna che ha deciso di venderlo, credo per la povertà che l’assilla. Ci fu un tempo in cui vendere un figlio era reato, credo che dovrebbe esserlo ancora e dappertutto.
Quella mamma che ha appena partorito, che è stata pagata e messa ai margini della foto celebrativa e fuori dalla vita del suo bimbo, attira la mia attenzione.
È lei che mi commuove, è a lei che penso. Che fine ha fatto? Che vita farà? Ha nostalgia del figlio che ha portato in grembo? Avrà cambiato idea? E se fosse andata in depressione post partum? I poveri da sempre sono bistrattati, umiliati.
Che succede: oggi siamo improvvisamente progrediti mentre fino a ieri eravamo tutti bigotti, inconsapevoli burattini nelle mani dell’intolleranza? Fa comodo crederlo. Tremendamente comodo. Perché tutto ciò ci permette d’imitare Pilato nel ruolo di chi intuisce la verità ma poi, per quieto vivere, preferisce affidarla al responso della maggioranza. Del resto, se giustifichiamo tutto non abbiamo più nulla da capire; se diamo spazio ai soli diritti dimenticando i doveri. Vivi e lascia vivere, sussurra ai nostri orecchi l’Individualismo. E spesso, purtroppo, gli diamo retta.
Ci sono alcune parole che non appena le nomini ci si schiera, come se fossero la difesa di una certa posizione politica e ideologica. Una di queste parole è famiglia. Se la pronunci, subito sembra che tu debba schierarti tra i favorevoli e i contrari alla famiglia tradizionale. L’argomento famiglia non è un argomento di parte ma è un fatto, un fatto sociale e come tale va trattato. Ed è così sin dai tempi di Aristotele, che vi identificava il nucleo costitutivo della polis.
Il fatto che la famiglia sia la cellula fondamentale di ogni società è evidente. Lo dice chiaro la nostra Costituzione all’art. 29: "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare".
Occorre avere grande stima per la lealtà, anche quando al mio egoismo non dovesse fare comodo.
Non sono "omofobo", non lo sono mai stato. Nella mia vita (seppur breve) ho conosciuto alcuni omosessuali. Non ho mai discriminato nessuno, il Vangelo nel quale credo e dal quale attingo forza, non me lo avrebbero mai permesso.
Con le parole occorre andarci piano. La parola ci distingue dalle bestie, ma può trasformarsi in boomerang.
"Omofobo", attualmente, è chi ha paura dell' omosessuale e lo emargina. Ebbene, nei social network in questi giorni gira la foto di due giovani omosessuali che, commossi ed emozionati, stringono fra le braccia il "loro figlio" appena nato.
Quella foto mi fa male, e mi fa (permettetemelo) rabbia: quel bimbo, non è "loro", non è figlio di quella coppia di uomini, ma è stato generato da una donna della quale mai sapremo niente (e che appare solo in un angolo, di profilo nella fotografia), occorre essere chiari e non lasciarsi andare ai facili entusiasmi.
Quel bambino ha i suoi diritti anche se ancora non riesce a farli valere. Quel bambino è figlio di una donna che ha deciso di venderlo, credo per la povertà che l’assilla. Ci fu un tempo in cui vendere un figlio era reato, credo che dovrebbe esserlo ancora e dappertutto.
Quel bambino, appena nato, ha cercato la mammella della mamma. Non è giusto, non è logico, non è umano appropriarsi di un figlio, cancellarne la madre, farlo passare per proprio. Al di là delle convinzioni religiose o filosofiche. Semplicemente non è giusto. Sappiamo che una persona adottata non smette di cercare per tutta la vita la donna che lo ha messo al mondo. C’è un legame inscindibile, un cordone ombelicale invisibile che continua a tenerli stretti. Quella donna è sua mamma, affermare il contrario vuol dire manomettere la realtà, ma la realtà è più dura e resistente di quanto si possa credere.
Quella mamma che ha appena partorito, che è stata pagata e messa ai margini della foto celebrativa e fuori dalla vita del suo bimbo, attira la mia attenzione.
È lei che mi commuove, è a lei che penso. Che fine ha fatto? Che vita farà? Ha nostalgia del figlio che ha portato in grembo? Avrà cambiato idea? E se fosse andata in depressione post partum? I poveri da sempre sono bistrattati, umiliati.
Che succede: oggi siamo improvvisamente progrediti mentre fino a ieri eravamo tutti bigotti, inconsapevoli burattini nelle mani dell’intolleranza? Fa comodo crederlo. Tremendamente comodo. Perché tutto ciò ci permette d’imitare Pilato nel ruolo di chi intuisce la verità ma poi, per quieto vivere, preferisce affidarla al responso della maggioranza. Del resto, se giustifichiamo tutto non abbiamo più nulla da capire; se diamo spazio ai soli diritti dimenticando i doveri. Vivi e lascia vivere, sussurra ai nostri orecchi l’Individualismo. E spesso, purtroppo, gli diamo retta.
Ci sono alcune parole che non appena le nomini ci si schiera, come se fossero la difesa di una certa posizione politica e ideologica. Una di queste parole è famiglia. Se la pronunci, subito sembra che tu debba schierarti tra i favorevoli e i contrari alla famiglia tradizionale. L’argomento famiglia non è un argomento di parte ma è un fatto, un fatto sociale e come tale va trattato. Ed è così sin dai tempi di Aristotele, che vi identificava il nucleo costitutivo della polis.
Il fatto che la famiglia sia la cellula fondamentale di ogni società è evidente. Lo dice chiaro la nostra Costituzione all’art. 29: "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare".
Mio figlio a un formatore così schierato come te davvero non lo farei neanche avvicinare....
RispondiEliminaE se quello che ti "commuove" è veramente la donna o il bambino allora sii coerente e pubblica un post così ogni volta che nel mondo questa cosa accade . Perchè se è immorale dovresti gridarlo anche quando la coppia adottiva è composta da maschio e femmina. Oppure forse in quel caso possiamo chiudere un occhio, non denunciare? Cosa ci da vreamente fastidio. La compravendita (internet ne cita assai di queste situazioni) o i gay?
RispondiEliminaSai se tu facessi un articolo per ogni bambino venduto avrei taciuto.
Se fai così un po' omofobo lo sei.. altrochè se lo sei...