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Grazie, prego, non c'è di che: le parole mai usate.

Squilla il cellulare. Un amico. Ho dimenticato che avevo appuntamento per prendere un gelato con alcuni ragazzi.
Erano in 4. Con i loro visi luminosi e divertiti. Anche gli educatori mangiano il gelato. Sì anche loro fanno tutto quello che fanno gli altri uomini. Il viso sporco di cioccolato proietta i ragazzi (specialmente se molto piccoli) in un mondo meraviglioso in cui i grandi sono persone normali come loro: mangiano i gelati, vanno al cinema, giocano a calcio, suonano la chitarra, cantano, ridono, hanno cadute...
Sorridono, chiedono, rispondono. E la loro vita passa dentro la tua. E la tua dentro la loro. E non sai come, ma percepisci cosa è diventare padre. O madre.
Lascio che i ragazzi, soprattutto quelli di quinto anno, se vogliono, mi facciano compagnia e mi raccontino che scelte stanno maturando o hanno maturato sul dopo maturità. Li ascolto e faccio loro da specchio, aiutandoli a diradare incertezze, paure e pressioni familiari o culturali.
Molti di loro sono più preoccupati di fallire che pieni di entusiasmo per l’inizio di qualcosa di nuovo. Tali sono le pressioni dell’ideologia stritolante del successo come riconoscimento della folla, che la paura finisce con l’offuscare la chiarezza della loro vocazione professionale che si è mostrata almeno parzialmente nel corso di 13 anni di scuola, dei quali gli ultimi sono i più importanti in questo senso. Devo sempre ricordare loro che il successo non è negli occhi degli altri, ma nell’essere se stessi.
Ecco che questo porta a conoscersi a a domandare o cercare il proprio talento Che non è altro che la forza di gravità che porta un uomo e una donna ad occupare il proprio posto nel mondo, perché è il suo modo unico e irripetibile di relazionarsi con il mondo (il creato, gli altri, Dio).
Questo è vita. Io mi gioco la vita per questo, per aiutare a vivere, imparando anche io a vivere.
Chi mi conosce sa che io sono sensibile al tema delle relazioni. Soprattutto con i giovani, che non sapendo stare nel mondo, poi scoprono che possono farlo, relazionandosi con gli altri.
Come dicevo prima: questo è vita, però c'è anche chi è irriconoscente...questo è ciò che più mi fa soffrire.
Quando si dedicano tante ore, mesi ad una persona, mostrando attenzione. Quando si piange insieme. Quando si passa il tempo a cercare le parole giuste per dire le cose o aiutare ad uscire dai problemi. Quando per il solo piacere di stare insieme un po' di tempo si cerca di trovare momenti di condivisione. Quando si fa di tutto per risolvere un problema insieme. Quando rinunci ai tuoi programmi o ai tuoi doveri per la qualcuno. Quando cerchi di tirar fuori due parole da quella persona dopo tempo che non ci si vede. Quando cerchi di far tirare fuori un giudizio, un parere su una emozione che il tuo amico ha vissuto. Quando mandi un messaggio di attenzione solo per sapere come stai. Quando dai consigli. Quando ti fai in quattro per aiutare l'altro a uscire dal suo mondo. Per non parlare di iniziative e particolari a sorpresa e complimenti.
Quando tutto questo e...la persona matura e cresce, e guadagna tanti tassellini grazie a tutto questo ma non c'è un minimo di gratitudine, riconoscimento o ricambio in qualcosa...mai da alcune persone...questo fa male, tanto male! Sembra che ad ogni proposta o cosa che si dice, c'è una inerzia...quasi viene il dubbio che è meglio star zitti. E ti domandi perchè. E ti domandi..."e a me"? La risposta non la ho, ma è ciò che più mi fa soffrire. Quante domande arrivo a farmi! Ma probabilmente risposte non ce ne sono...è la vita, la legge dell'amore. I caratteri e i temperamenti diversi che si scontrano. 
Per me il giudizio non esite, gli schemi non esitono, le rigidità non esistono...ognuno è qualcuno di speciale...e per questo vale qualcosa al cospetto di Dio. 
Però è bello vedere progressi, conquiste, vittorie, anche se la persona interessata non lo percepisce...e magari non vede quanto sforzo c' è stato o semplicemente (a parole e gesti) non sa ricambiare.
So che è incontrando la realtà e diventandone responsabili, responsabili in senso stretto: rispondere alle cose e alle persone che incontriamo che ci porta a vivere per e con gli altri. Rispondere in prima persona. Ma rispondere in prima persona è dedicare tempo ed energie, appunto: questa è una strada faticosa, ma un cuore caldo può restituire lo stupore del quotidiano: si accede alla testa solo attraverso il rapimento della bellezza. Ne sono convinto perchè lo tocco con mano su ognuno. Coloro che ci stanno accanto devono sentire su di loro uno sguardo amico, comprensivo, paterno: un luogo in cui poter riposare. Un luogo in cui la persona puo' riposare e far riposare gli altri. Un luogo dove si gioca la verità della parola "io", senza finzioni. L'unico luogo in cui si puo' stare con Dio, perchè quel luogo è suo.
Io questo so fare, e a chi non va bene, affar suo, io paternità so dare perchè di paternità ho bisogno.
C'è chi apprezza e chi non lo dimostra...c'est la vie
E poi... Che sarà mai un gelato...perchè dire di no?

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