Ieri nella Messa è stata letta la parabola dei talenti, una di quelle che preferisco di più, allora pensavo che ogni genitore che ama davvero i figli, ogni figlio è per lui sempre pieno di talenti. E di rimbalzo, quando un figlio sente su di sé quello sguardo fiducioso, il talento sboccia davvero, anche dove non c'era...
E questo vale ugualmente per qualsiasi educatore.
Facendo questo da alcuni anni posso dire che nella relazione educativa il bene relazionale che c'è in gioco è la crescita del giovane in autonomia e spirito critico e la crescita dell'educatore in capacità di ascolto e adattamento. Se invece la relazione diventa di controllo, quella relazione non è una buona relazione, perché non permette di dare spazio al giovane/ la giovane per crescere, ma lo rende dipendente, emotivo e ipnotizzato: manca la libertà!
I talenti si coltivano è vero, ma prima bisogna scoprirli.
E questo lo si fa tra i 13 e i 18 anni.
La questione si gioca su tre livelli: essere, fare, avere. Ciascuno di noi ha ricevuto dei talenti concentrati o diluiti su questi tre livelli.
La vera paternità nei confronti dei giovani è quella di vederli crescere liberi e non soggiogati, e che siano capaci di criticarti e di pensare autonomamente quello che vogliono.
Ovviamente questo significa che però non si deve allo stesso tempo perdere di vista che bisogna partire da quello che li riguarda. I ragazzi hanno bisogno di essere e sentirsi riconosciuti. Che i giovani sentano e sappiano che facciamo il tifo per loro.
Giovane: sii te stesso e giocati la vita al meglio delle possibilità che ti sono state date.
Scoprile. Sceglile. Mettile in gioco.
E non perdere tempo, che è il primo talento che hai...
E questo vale ugualmente per qualsiasi educatore.
Facendo questo da alcuni anni posso dire che nella relazione educativa il bene relazionale che c'è in gioco è la crescita del giovane in autonomia e spirito critico e la crescita dell'educatore in capacità di ascolto e adattamento. Se invece la relazione diventa di controllo, quella relazione non è una buona relazione, perché non permette di dare spazio al giovane/ la giovane per crescere, ma lo rende dipendente, emotivo e ipnotizzato: manca la libertà!
I talenti si coltivano è vero, ma prima bisogna scoprirli.
E questo lo si fa tra i 13 e i 18 anni.
La questione si gioca su tre livelli: essere, fare, avere. Ciascuno di noi ha ricevuto dei talenti concentrati o diluiti su questi tre livelli.
La vera paternità nei confronti dei giovani è quella di vederli crescere liberi e non soggiogati, e che siano capaci di criticarti e di pensare autonomamente quello che vogliono.
Giovane: sii te stesso e giocati la vita al meglio delle possibilità che ti sono state date.
Scoprile. Sceglile. Mettile in gioco.
E non perdere tempo, che è il primo talento che hai...
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