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Non è mai troppo tardi: la storia di Alberto Manzi

Giacomo Campiotti vince ancora; cresce la mia stima nei suoi confronti. Mentre sulla RAI sta andando avanti il suo successo Braccialetti Rossi, nei giorni scorsi è andata in onda la miniserie (due puntate) di Non è mai troppo tardi (metà cast è quello di Braccialetti Rossi). La storia è quella del conosciutissimo (per i più veterani su questa terra) Alberto Manzi, professore e conduttore televisivo del programma intitolato, appunto, non è mai troppo tardi e andato in onda dal 1959 al 1968, che ha rappresentato una grande conquista contro l'analfabetismo in Italia. 

La fiction ci racconta di Manzi che vuole fare il maestro, molto giovane, in pieno dopoguerra, mentre sta tentando di terminare gli studi, con grande successo. 
(Qui una recensione su Movieplayer.it) Riesce ad avere la professione soltanto in un carcere minorile. Successivamente viene trasferito in una vera e propria scuola, ma questa strada gli sembra inadeguata. Nel frattempo la Rai, tra le sue prime trasmissioni, decide di realizzarne una attraverso cui possa educare e insegnare a milioni di italiani. Manzi diventerà il maestro della televisione, alfabetizzando il pubblico e rimanendo nei ricordi di tanti italiani di quel tempo: perido de "si torna a casa o si va nei bar per vedere l'aspettatissima puntata della settimana" come se tutto improvvisamente si fermasse. Tutte le attività lavorative, faccende familiari ecc. venivano interrotte per la mezz'ora di trasmissione. Cultura nata con Lascia o raddoppia di Mike Buongiorno.

Qui è possibile vedere il promo della fiction.

Non è mai troppo tardi riesce a raccontare la storia del maestro Manzi senza celebrare l'importanza della tv, ma sottolineando lo sforzo del protagonista nel provare nuove strade per aiutare gli italiani. A vedere la fiction prende la nostaglia: non quella della tv di un tempo, come si sarebbe potuto pensare alla notizia che la Rai avrebbe produtto un film-tv sulla celebre trasmissione, ma quella per le persone come Alberto Manzi. La fiction, infatti, sorprende per non aver commesso l’autogol dell’autocelebrazione del servizio pubblico, preferendo il racconto di un uomo che ha portato in tv un nuovo modo di pensare e di rispettare il pubblico. E' molto ben raccontata la storia di una RAi agli inizi, e un po' ingessata e incerta, legata molto a schemi e clichet d'epoca. Nostalgia viene anche vedendo un'Italia creativa, con voglia di fare, reinventarsi emettersi in discussione per ricrearsi una vita, un progetto, un futuro…Un'Italia caratteristica di quei tempi, auto d'epoca, il mitico vespino 50, e l'Italia del rispetto per l'altro e per la nobiltà dell'amore. La coppia Manzi ha tre figli, i coniugi si amano sempre come fosse la prima volta. Il sorriso è rimasto lo stesso, anzi è ancora più pieno. Hanno affrontato la superficie spesso insidiosa della vita come una danza, fatta di fiducia e di infaticabile allenamento.

La fiction di Giacomo Campiotti, infatti, prima di arrivare alla messa in onda del programma che rese famoso il protagonista racconta la sua carriera da insegnante in un carcere minorile ed in una scuola. Un contesto che permette non solo di conoscere i suoi metodi didattici innovativi contrari ai rigidi divieti,
ma che porta in prima serata la triste consapevolezza che la scuola italiana di allora, sebbene con le dovute proporzioni, ha gli stessi problemi della scuola di oggi.
Il film-tv diventa così un’opportunità per fare critica sul sistema scolastico italiano: “cambiare la scuola italiana è una grande sfida”, dice Manzi. Quella frase, purtroppo, è ancora attuale. Nelle scuole di oggi, però, i professori come Manzi spesso vengono messi da parte o devono adeguarsi ad un modo di pensare l’istruzione che preferisce non rinnovare.

Personalmente ciò che mi è piaciuto di più della fiction è sempre la capacità del regista di saper raccontare i giovani e l' impatto forte sul prossimo, la passione per qualcosa. In questo caso l'insegnamento. Nella prima puntata il protagonista, che interpreta Manzi, quando si presenta davanti al carcere aveva paura. Cosa avrebbe mai potuto dire a un gruppo di ragazzi tra i 6 e i 18 anni, condannati per reati di ogni tipo? Che cosa avevano in comune loro e lui? E poi magari erano anche pericolosi…
Ad aumentare la sua paura e il suo senso di inadeguatezza erano le enormi porte e ferrate.

Poteva portare solo lui e la sua anima là dentro quell'orrendo posto! E magari qualche matita da regalare per poter insegnare a scrivere. 
Vedendo questa scena ho pensato subito che non sappiamo di avere qualcosa finché non la perdiamo o finché non vediamo qualcuno che l’ha persa.

La stanza del carcere è di pochi metri quadri e una ventina di ragazzi seduti o in piedi. Che cosa ha di particolare Manzi agli occhi dei ragazzi? Nulla: è che parlano li lui e di loro, delle loro vite e della sua. Forse loro avevano più paura di lui, temevano che lui li giudicassi. Ma mentre parlava e li fissava negli occhi qualcosa lentamente si è sciolto: il nodo della paura o del giudizio. Si accorgono che il maestro Manzi non aveva niente di più di loro, non era migliore di loro. Il suo corpo poteva essere il loro, magari con qualche tatuaggio in meno.
Ed ecco che quando i ragazzi imparano a scrivere e leggere raccontano i loro anni di carcere disperati. Lo scrivono al maestro, perchè è l'unico che crede in loro e li vede come persone. La noia, la rabbia, l’odio li divoravano. Con la scrittura e la lettura dentro di loro si domandavano "che vita è questa?". 
I libri ti ricordano cosa ti manca o hai perso e la scrittura ti permette di raccontarti.
I ragazzi imparano ad amare il maestro, perché vorrebbero essere come lui. E, con gli occhi di bambini sinceri, sembra gli dicano "Io lo so di non essere cattivo".

Così, subito dopo il Festival di Sanremo, a ridare dignità alla tv italiana è stato il capolavoro di Campiotti andato in onda il 24 e 25 febbraio, nella settimana in cui si darà termone all'altro grande successo, Braccialetti Rossi. Così, si conferma un periodo d'oro per la RAi, e per Campiotti che sta portando tanta bellezza nelle case degli italiani.

Giovanotti, ricordate che non è mai troppo tardi! 
Buon viaggio, buon futuro!

Non hai visto le puntate? Nessun problema, posso procurartele.

Una scena del Vero Luca Manzi, che ha creato la tv in Italia:



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