Da educatore, negli anni sto imparando che ogni persona è ricchisssima di un mondo sconosciuto. Ognuno ha un passato ed è la sua storia. Nel mondo degli adolescenti è tutto così incredibilmente enigmatico, ma allo stesso tempo chiaro…è l'età delle incertezze, delle scoperte…
Tante volte ti fanno delle domande che individuano il nocciolo che a loro interessa: la tua vita è una vita che vale la pena o no? Su cosa la fondi? Ti guardano pensandosi come te tra qualche anno.
Mi affascina molto questo mondo, i ragazzi sono troppo belli per non essere raccontati.
Non dimentichiamo che le risposte raggiunte da adulti sono un risultato: il risultato di un processo che ha avuto inizio proprio nell'età adolescente. E chissà quanta vita, dolore e lotta per raggiungere quel risultato. Poi però quando abbiamo le risposte, paradossalmente dimentichiamo tutta questa vita, dolore e lotta. Come uno che dimenticasse il sudore, l'acqua e il lavoro richiesti, perché l'albero che ha piantato anni prima producesse la mela che sta addentando adesso.
La vera commozione è quando ricevo almeno tre chiamate (l'era degli sms è affogata con wap) dai ragazzi in un solo giorno. Legami che costringono a fare esame, ringraziare, chiedere scusa, ricominciare…
Per i genitori che amano davvero, i figli sono sempre pieni di talenti e quando un figlio sente su di sé quello sguardo fiducioso il talento sboccia davvero, anche dove non c'era... E questo vale per qualsiasi educatore. Io mi sento molto dentro questa logica!
Ne sono sempre più convinto, la cura contro le terribili solitudini degli adolescenti di oggi è più semplice di quanto si creda: due chiacchiere, l'esempio... Insomma la presenza dei genitori o di un tutor0(nel caso in cui i genitori non ci siano) fa degli adolescenti che si sentono "diversi" i veri "normali". I veri ribelli di cui c'è bisogno: quelli che colgono l'importanza delle piccole cose e la generosità verso gli altri. Insomma quelli che alla fine si godono davvero la vita.
Ps. Ragazzi, andiamo a prendere un gelato, una pizza...una birretta (o facciamo un po' di scuola guida con alcuni di voi che da teneri bimbi che strappavano un sorriso ora siete giovani uomini in fase di consolidamento). Questa si che educazione! Si risveglia così nel giovane la capacità di rispondere e gli si permette di credere che sia capace di qualcosa di buono e bello...
Tante volte ti fanno delle domande che individuano il nocciolo che a loro interessa: la tua vita è una vita che vale la pena o no? Su cosa la fondi? Ti guardano pensandosi come te tra qualche anno.
Mi affascina molto questo mondo, i ragazzi sono troppo belli per non essere raccontati.
Ho sempre il cuore pieno degli sguardi semplici e meravigliati di questi ragazzi entusiasti della vita e in cerca del loro posto nel mondo; hanno una loro storia da raccontare! Per questo faccio fatica a incastrare le vite dei ragazzi in schemi, procedure…
L' educazione e l'amicizia secondo me si fondano su quel numero n di ragazzi più o meno studiosi, ma pieni di quella vita che bisogna incoraggiare e aiutare a svilupparsi. Come? Dipende da chi si ha davanti.
L'educazione è una cosa seria, che va fatta come fosse una profesione (per serietà). Così io la vedo, ma non è una professione, quindi il fatto che si fa gratuitamente regala tanto di più al tempo che si trascorre con i ragazzi, e tutto ciò è…impagabile, unico. Non riesco a fare con superficialità l'educatore, è una cosa di così tale importanza nella vita dell'altro che…devo crederci, e voglio!
Cosa diciamo esattamente di una persona quando la definiamo superficiale? Quella persona vive in superficie: sfiora la realtà e se ne lascia influenzare la superficie senza penetrarne il senso profondo. Superficiale è il sentire. Se incontro un barbone e non lo vedo neanche, sono superficiale. Se (almeno) lo vedo e me ne frego sono meno superficiale. Se lo vedo e ci soffro e mi lascio coinvolgere sto scendendo gradualmente in profondità. Ovvero sento la vita ferita di quella persona e me ne faccio, almeno emotivamente carico (faccio miei i suoi sentimenti). Accolgo la realtà nella sua interezza. E questo vale per qualsiasi sentimento che la realtà provoca, positivo o negativo che sia, risvegliando strati della mia sensibilità assopiti e approfondendo la mia identità.
Cosa diciamo esattamente di una persona quando la definiamo superficiale? Quella persona vive in superficie: sfiora la realtà e se ne lascia influenzare la superficie senza penetrarne il senso profondo. Superficiale è il sentire. Se incontro un barbone e non lo vedo neanche, sono superficiale. Se (almeno) lo vedo e me ne frego sono meno superficiale. Se lo vedo e ci soffro e mi lascio coinvolgere sto scendendo gradualmente in profondità. Ovvero sento la vita ferita di quella persona e me ne faccio, almeno emotivamente carico (faccio miei i suoi sentimenti). Accolgo la realtà nella sua interezza. E questo vale per qualsiasi sentimento che la realtà provoca, positivo o negativo che sia, risvegliando strati della mia sensibilità assopiti e approfondendo la mia identità.
Siamo superficiali tutte le volte che il nostro sentire non è adeguato alla realtà. Quante ragazze si lamentano della superficialità dei loro fidanzati, che pensano al calcio, quando loro stanno passando un brutto momento, che il ragazzo non riesce neanche a scorgere?
Ecco, a tutto questo credo, e tutto questo crolla quando il calcio diventa l'unica ragione di vita (non completamente, grazie a Dio)! Ma…per arrivare a tanta gente devo lavorare di calcio?
Forse si, ma…tutto questo viene a mancare, perché sostituito, in parte, (almeno, e non solo, per una questione di tempo) dal calcio! E…gli ideali? I grandi valori? e…tutto questo? Come fai a mettere sullo stesso piano la passione per grandi ideali, se la distrazione più grande è il calcio? E' come dire ad un ragazzo di scorgere la bellezza che c'è dietro le pagine di una storia in un libro, se viene continuamente distratto dalla vibrazione del cellulare all'arrivo di tanti WhatsApp...
Ora, dopo tanto tempo passato a impostare l'educazione su questi principi (vedi questi post sul tema dell'educazione) ho visto ragazzi trasformarsi: credere su di loro, sui loro talenti, sulle loro qualità, smettere di avere paura. Iniziare a parlare, trovare dialogo, percepire l'ascolto, schiudersi e aprirsi all'altro, domandare, chiedere, scoprire, piangere, confidarti cose pesanti e tristi…quando erano tutto l'opposto.
Col calcio, molto è azzerato; questo non accade…Ha la maggiore su molto…Il calcio se vissuto bene, completa l'uomo, ma, appunto, completa…ma completare presuppone avere una base, che per un educatore si costruisce con tanto tanto tanto tempo dedicato ai ragazzi, tante rinunce (ma tante proprio), pazienza e…volontà! In questo modo ho visto tanti piccoli miracoli su molti giovani.Non dimentichiamo che le risposte raggiunte da adulti sono un risultato: il risultato di un processo che ha avuto inizio proprio nell'età adolescente. E chissà quanta vita, dolore e lotta per raggiungere quel risultato. Poi però quando abbiamo le risposte, paradossalmente dimentichiamo tutta questa vita, dolore e lotta. Come uno che dimenticasse il sudore, l'acqua e il lavoro richiesti, perché l'albero che ha piantato anni prima producesse la mela che sta addentando adesso.
La vera commozione è quando ricevo almeno tre chiamate (l'era degli sms è affogata con wap) dai ragazzi in un solo giorno. Legami che costringono a fare esame, ringraziare, chiedere scusa, ricominciare…
Per i genitori che amano davvero, i figli sono sempre pieni di talenti e quando un figlio sente su di sé quello sguardo fiducioso il talento sboccia davvero, anche dove non c'era... E questo vale per qualsiasi educatore. Io mi sento molto dentro questa logica!
Ne sono sempre più convinto, la cura contro le terribili solitudini degli adolescenti di oggi è più semplice di quanto si creda: due chiacchiere, l'esempio... Insomma la presenza dei genitori o di un tutor0(nel caso in cui i genitori non ci siano) fa degli adolescenti che si sentono "diversi" i veri "normali". I veri ribelli di cui c'è bisogno: quelli che colgono l'importanza delle piccole cose e la generosità verso gli altri. Insomma quelli che alla fine si godono davvero la vita.
Commenti
Posta un commento