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C'era una volta, ora. La storia di Ugoboldo

Ugoboldo in questo periodo natalizio di crisi si aggira per la città solcando la neve lentamente con i suoi lunghi piedi. Ammira la città che nel suo insolito silenzio ama svelarsi nascondendosi. Nel suo girovagare sa che la città di questi tempi deve corteggiarla per scoprire che è una donna elegante, ritrosa tanto da sembrare, suo malgrado, trascurata: eccita nascondendosi e svelandosi al tempo stesso.

Sul volto di Ugoboldo c’è la stanchezza buona di un lavoro compiuto, e difeso dalle imprevedibili sorti che lo attendono. Ugoboldo sa bene che quel che conta è che faccia il proprio lavoro bene. Portandolo a compimento fino all'ultima pietra. Qualunque esso sia. È una persona spesso solare, si diverte con gli amici e gode della buona compagnia. È sempre in cerca della bellezza, di quella bellezza di cui spesso ha sentito parlare dagli amici, quegli amici storici che in 20 anni di grandi confidenze, ideali condivisi assieme e tanti sogni da costruire insieme rendono le amicizie uniche, forti e...assai solide. Quegli amici che gli hanno sempre raccontato che la bellezza è un balsamo per un mondo ferito, che ognuno di noi è nel posto dove Dio lo ha voluto da sempre, che non conta come sei ma che ognuno è amato per come è...Queste erano le cose con cui era cresciuto: grazie alla famiglia, ma poi anche grazie a quegli amici che quei valori li lanciavano ai cuori delle genti, come nettare e ambrosia

Ugoboldo si rallegra interiormente per il fatto che nella sua, seppur breve, vita ci sono stati dolori, gioie, delusioni, paure, sofferenze, entusiasmi e momenti allegri: tutti hanno condito i suoi anni. Ognuno di questi oggi gli dice chi è. Non può far a meno di nessuno di questi momenti che ha vissuto, perché non sarebbe quello che è oggi! È riconoscente alla famiglia, al buon Dio e ai suoi amici più cari.

Ma Ugoboldo tutto ad un tratto si è fatto piuttosto debole, spento, cereo... Lui in genere è spesso incline alla malinconia proprio perché ama tanto questa vita. Quando ne vede le ferite si abbatte. Uguboldo però ora è diverso, è crollato! Cerca quel balsamo che sana le ferite, ne sente proprio bisogno: gli amici che gli hanno insegnato lo hanno tradito! Desolazione, incredulità, non ci crede più, è disilluso ha paura e teme il futuro prossimo.
Ugoboldo è intriso di dolore e vuole il riscatto, vorrebbe sentirsi meno solo in un tempo della vita così faticoso!
Le lacrime gli solcano continuamente il volto, che graffiato dal sale delle stesse, gli rende la pelle dura. Vorrebbe smettere di piangere, e non poter soffrire più, ma è consapevole che la sofferenza non si può annullare, ma va medicata. Il dolore lo costringe a chiudere le palpebre, a nascondere gli occhi. Aveva sempre pensato che avrebbe divorato il mondo con ciò che gli avevano insegnato, ma ora non ci crede più quasi: ha paura delle sfide che lo attendono. 

La realtà supererà i sogni, diceva qualcuno, ma lui teme che ora la realtà abbia oltrepassato se stessa, e che debba recuperare se stesso per ritrovarsi. Ugoboldo desidererebbe sparire, essere in una realtà altra.
Ma dentro di sè lo sa che ciascuno su questa terra ha una vocazione: è chiamato a farsi carico della propria vita, così come è e come potrebbe essere. La vocazione è: accettazione del proprio compito nel mondo, a partire da ciò che non abbiamo scelto, arrivando a ciò che scegliamo.

Ugoboldo non dorme più la notte, è in solitudine, chiuso sempre nella sua stanza, malinconico: ha tanto dolore nel suo cuore, ha i sentimenti anestitizzati...Non si riconosce più. Il dolore incide lentamente come una lama affilata e fa male. 
Ma ad un tratto, nella ennesima notte in bianco pensa: è quasi Natale, quel Bambino è l’amore in persona, l’amore fatto persona, l’amore fatto limite e quo­tidianità. E ad un tratto tutto gli diventa improvvisamente divino, perché non c’è nien­te di umano che quel Bambino non debba fa­re: è un uomo e non c’è niente di umano che gli sia estraneo.
C’è per Ugoboldo una bellezza che non si rovina, che non si rompe, che non c’entra con il nettare e l’ambrosia, ma c’entra con la vita quotidiana, con il sudore, il dolore, le lacrime, la paura, la disillusione lo sco­raggiamento, la tristezza, il falli­mento e il sonno. Una bel­lezza senza perfezione. Una bellezza che c’en­tra con tutto, perché tutto ha attraversato. U­na bellezza fecondata da limiti e sproporzio­ni, per partorire ciò che non passa. Lui questa bellezza cerca. Questa bellezza nasce per lui.
In una stalla.

Solo la fragilità e il dolore, presi per mano dall’amore, innalzano l'uomo. Ugoboldo ha imparato il coraggio di non scappare dal peso del dolore.

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