È stato realizzato un film attorno a Nick
Vujicic, chiamato "The Butterfly Circus"(Il circo della farfalla).
Cattura l’attenzione di un sempre più alto
numero di commentatori il cortometraggio che impazza sulla rete e un po’ di
tempo fa una lettura in chiave religiosa è comparsa sul blog di Antonio Socci.
Interpretato da Nick Vujicic nel ruolo di
Will, l’uomo senza arti che tale è non solo nel film ma anche nella vita, e
diretto da Joshua Weigel, Il circo della farfalla non utilizza solo
il circo e i suoi personaggi per narrare una storia, ma veicola qualcosa di
intimamente legato al tendone.
Si tratta di circa mezz’ora in cui si narra
di un uomo senza braccia e senza gambe, utilizzato senza molto riguardo come
fenomeno per un circo di “mostri” simili a lui. Grazie all’incontro con un
direttore di circo dal cuore generoso, riesce a trovare la sua dignità e una
sua ragione per vivere.
Nel film traspare un forte senso religioso e lo stesso protagonista (nato realmente senza braccia né gambe) ha fortemente voluto questo film per dare un senso di speranza a chi ha si trova in una condizione simile alla sua.
Nel film traspare un forte senso religioso e lo stesso protagonista (nato realmente senza braccia né gambe) ha fortemente voluto questo film per dare un senso di speranza a chi ha si trova in una condizione simile alla sua.
Buona visione! “I vostri occhi saranno testimoni, in questo stesso giorno di un’anima coraggiosissima”.
Il “Circo della farfalla” esiste in questo mondo. E’ il Regno di Dio che Gesù è venuto a instaurare. E’ lui che davanti alla mostruosità di ogni uomo gli sussurra: “Tu sei magnifico!”.
Il messaggio de Il circo della farfalla e la visione di Dio:
Socci nel suo blog dice che “è un cortometraggio
sulle anime e lo suggerisce proprio il “signor Méndez”, direttore del “Circo
della farfalla” che presenta alla fine Will come “un’anima coraggiosissima.
La “deformità” di Will, la sua mutilazione è
l’immagine della nostra povera umanità, l’immagine di
ciascuno di noi, inchiodato al proprio limite, alla propria incapacità, alla propria disperazione e solitudine, al proprio peccato, ai propri sbagli, al proprio “non essere amato” e quindi vittima impotente di un mondo crudele che trae guadagni dalle sue mostruosità.”
ciascuno di noi, inchiodato al proprio limite, alla propria incapacità, alla propria disperazione e solitudine, al proprio peccato, ai propri sbagli, al proprio “non essere amato” e quindi vittima impotente di un mondo crudele che trae guadagni dalle sue mostruosità.”
Il “Circo della farfalla” , il circo del
signor Mendez, un meraviglioso spettacolo: il bruco deforme che diventa
bellissima farfalla.
E chi siamo noi per dire: no, quello non può
farcela, quello è uno abbandonato da Dio?
Tante volte ci può capitare di dirci
ingannandoci: "Dio non c'è, Dio non mi vuole"
Ma perché facciamo così fatica a trovare chi è più intimo a noi di noi stessi?
Perché non riusciamo a percepire colui che conosce la nostra oscurità e solitudine meglio di noi stessi e la ama più di noi stessi?
Perché noi che a tutti i costi vogliamo amare non troviamo l'Amore? Questo video è la conferma di tutto ciò.
Un amore cresce solo se gli diamo spazio e tempo.
A volte sembra che Dio non c'è. Ma Dio non solo c'è, Dio c'è per me.
Dio non solo mi vuole, Dio mi vuole bene.
Ma come in ogni amore ci vuole il coraggio di dire: metto la mia vita nelle tue mani.
Ci vuole il coraggio di sostare davanti a quella porta e bussare.
Ma perché facciamo così fatica a trovare chi è più intimo a noi di noi stessi?
Perché non riusciamo a percepire colui che conosce la nostra oscurità e solitudine meglio di noi stessi e la ama più di noi stessi?
Perché noi che a tutti i costi vogliamo amare non troviamo l'Amore? Questo video è la conferma di tutto ciò.
Un amore cresce solo se gli diamo spazio e tempo.
A volte sembra che Dio non c'è. Ma Dio non solo c'è, Dio c'è per me.
Dio non solo mi vuole, Dio mi vuole bene.
Ma come in ogni amore ci vuole il coraggio di dire: metto la mia vita nelle tue mani.
Ci vuole il coraggio di sostare davanti a quella porta e bussare.
Cantautore: Something More
Nick Vujicic
Primogenito di una famiglia serba cristiana,
Nick Vujicic nacque a Melbourne, Australia con un rara malattia genetica: la
tetramelia: è privo di arti, senza entrambe le braccia, e senza gambe eccetto i
suoi piccoli piedi, uno dei quali ha due dita. Inizialmente, i suoi genitori
rimasero scioccati per questo.
La sua vita è stata piena di difficoltà. Non ha potuto frequentare la scuola tradizionale a causa del suo handicap, come la legge australiana richiede. Durante il suo periodo scolastico, la legge fu cambiata, e Nick fu uno dei primi studenti disabili a frequentare una scuola normale. Ha imparato a scrivere usando le due dita del suo "piede" sinistro, e un dispositivo speciale che si aggancia al suo grande alluce. Ha anche imparato ad usare un computer ed a scrivere usando il metodo "punta tacco" .
La sua vita è stata piena di difficoltà. Non ha potuto frequentare la scuola tradizionale a causa del suo handicap, come la legge australiana richiede. Durante il suo periodo scolastico, la legge fu cambiata, e Nick fu uno dei primi studenti disabili a frequentare una scuola normale. Ha imparato a scrivere usando le due dita del suo "piede" sinistro, e un dispositivo speciale che si aggancia al suo grande alluce. Ha anche imparato ad usare un computer ed a scrivere usando il metodo "punta tacco" .
Preso di mira dai bulli della scuola, Nick
diventò estremamente depresso, ed all'età di otto anni, cominciò a pensare al
suicidio. Dopo aver supplicato Dio di fargli crescere braccia e gambe, Nick
comprese che le sue condizioni erano di ispirazione per molte persone, e
cominciò a ringraziare Dio di essere vivo.
Propongo qui un'intervista molto commovente:
A tutti gli adolescenti:
A te che "stai varcando la puerizia, e t'inoltri in quell'età così critica, nella quale par che entri nell'animo quasi una potenza misteriosa, che solleva, adorna, rinvigorisce tutte l'inclinazioni, tutte l'idee, e qualche volta le trasforma, o le rivolge a un corso impreveduto" (AD) Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro, sceglie una creatura umana come suo strumento e compie meraviglie lì dove uno meno se le aspetta.
A te che "stai varcando la puerizia, e t'inoltri in quell'età così critica, nella quale par che entri nell'animo quasi una potenza misteriosa, che solleva, adorna, rinvigorisce tutte l'inclinazioni, tutte l'idee, e qualche volta le trasforma, o le rivolge a un corso impreveduto" (AD) Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro, sceglie una creatura umana come suo strumento e compie meraviglie lì dove uno meno se le aspetta.
Il piccolo mostro che sembri, in un'età in cui sei pieno di esplosioni, il corpo è come se rinascesse, tutto è in trasformazione e da bruco deforme stai per diventare bellissima farfalla. Con i tuoi sogni delle speranze delle paure. Devi essere disposto a metterti in gioco nel tuo circo, quello che Gesù è venuto a instaurare. E’ lui che davanti alla
mostruosità di ogni uomo ti sussurra piano piano all'orecchio: “Tu sei magnifico!”. Dio è come le conchiglie del mare, se lo porti all'orecchio vi contiene l'intero mare...
Dio non chiede la nostra abilità per servirlo, Egli chiede la nostra disponibilità.
Sii te stesso e giocati la vita al meglio delle possibilità che ti sono state date.
Scoprile. Sceglile. Mettile in gioco. E non perdere tempo, che è il primo talento che hai...
Tu hai nostalgia di uno sguardo che riconosca la tua unicità, che non giudichi e inscatoli la tua vita prima ancora di averla accettata nel suo straordinario, scomposto, contraddittorio emergere, che è già segno di ricerca. Questo chiedi ogni giorno: «Aiutami ad essere me stesso».
A 16 anni ho trovato chi mi aiutasse a unire i pezzi ancora sconnessi del puzzle della mia vita e a percepirmi come compito da realizzare.
A 16 anni i miei genitori mi hanno messo alla prova, e io che li mandavo a quel paese come ogni adolescente, in realtà toccavo la reale consistenza dei miei sogni. Mi hanno insegnato che non è il successo il criterio per essere se stessi, ma che essere se stessi è il successo. Molti ragazzi rimangono paralizzati all’idea che non riusciranno a realizzare i loro sogni e questo è il veleno di una società che lavora per produrre, comprare e consumare, anziché lavorare per costruire un tempo buono e ampio per crescere attraverso relazioni e amicizie vere.
Sii te stesso e giocati la vita al meglio delle possibilità che ti sono state date.
Scoprile. Sceglile. Mettile in gioco. E non perdere tempo, che è il primo talento che hai...
Tu hai nostalgia di uno sguardo che riconosca la tua unicità, che non giudichi e inscatoli la tua vita prima ancora di averla accettata nel suo straordinario, scomposto, contraddittorio emergere, che è già segno di ricerca. Questo chiedi ogni giorno: «Aiutami ad essere me stesso».
A 16 anni ho trovato chi mi aiutasse a unire i pezzi ancora sconnessi del puzzle della mia vita e a percepirmi come compito da realizzare.
A 16 anni i miei genitori mi hanno messo alla prova, e io che li mandavo a quel paese come ogni adolescente, in realtà toccavo la reale consistenza dei miei sogni. Mi hanno insegnato che non è il successo il criterio per essere se stessi, ma che essere se stessi è il successo. Molti ragazzi rimangono paralizzati all’idea che non riusciranno a realizzare i loro sogni e questo è il veleno di una società che lavora per produrre, comprare e consumare, anziché lavorare per costruire un tempo buono e ampio per crescere attraverso relazioni e amicizie vere.
Bellissimo!!!!!!!!...e incoraggiante per tutti.
RispondiEliminaGrazie
grazie!
RispondiEliminaSi molto incoraggiante, diffondetelo!