S.H.I.T. è un acronimo: Seeking Heaven In the city — Cercando il Paradiso nella Città. Un doppio significato: ciò che appare come “schifo” può diventare il luogo dove impariamo a cercare il paradiso nel fango (merda), la luce nel buio, la speranza dentro la ferita. ...
Ci sono giorni in cui la vita ci sembra una città grigia, sporca, rumorosa. Una città in cui tutto ci pesa addosso, dove le persone non sorridono, dove il cielo è sempre basso e pesante. Alessandro D’Avenia la chiamava S.H.I.T. City: la “città dello schifo”. È il luogo simbolico dove finiscono le nostre delusioni, le ferite che non volevamo, le parole che ci hanno fatto male.
Eppure anche lì, dove tutto sembra perduto, può nascere il bello. Non un bello da cartolina, pulito e perfetto, ma quel bello che nasce dentro le crepe, tra la polvere e il dolore. È il bello che si costruisce quando cadi e ti rialzi, quando scegli di perdonare, quando smetti di lamentarti e provi ancora una volta a ricominciare.
Tutti, prima o poi, ci ritroviamo in quella città: a volte arriva con un lutto, un fallimento, una storia finita male, un’amicizia che si spezza, un sogno che si sgretola. Nessuno può evitarla. Ma possiamo scegliere come attraversarla. La S.H.I.T. City non è un luogo dove restare, ma un passaggio. È la tappa necessaria per capire chi siamo davvero. È lì che scopriamo la nostra forza, che impariamo a guardare le cose con occhi diversi. È lì che smettiamo di credere che la felicità sia assenza di dolore, e comprendiamo che la vera felicità è sapere trovare la luce dentro il dolore.
C’è del bello anche nel brutto, ma bisogna volerlo vedere.
A volte è una parola che arriva nel momento giusto, una persona che resta quando tutti se ne vanno, un sorriso che rompe il silenzio. È piccolo, fragile, ma c’è. E quando lo riconosci, cambia tutto: ti accorgi che anche le ferite, col tempo, possono diventare finestre.
Forse il bello non è ciò che ci fa stare bene, ma ciò che ci fa sentire vivi. Anche nel dolore, anche nella fatica, anche quando non capiamo.
Viviamo in un tempo che ci insegna a nascondere il dolore, a cancellarlo, a far finta che vada tutto bene. Ma la vita non funziona così. La vita non è fatta solo di giornate perfette: è fatta di disordine, di errori, di perdite, di tentativi. E il bello non è al di là di tutto questo, ma dentro tutto questo.
Si tratta di non scappare dalla S.H.I.T. City, ma di attraversarla. Perché solo chi la attraversa impara a riconoscere la bellezza vera, quella che non svanisce, che non dipende da ciò che hai, ma da ciò che sei diventato mentre cercavi di restare in piedi. Come accade ai protagonisti del mio romanzo Un respiro alla volta, non si guarisce fuggendo, ma restando, con coraggio, dentro quel fango, fino a ritrovare un passo, un respiro, una luce che ricomincia a filtrare. È nel fango che impariamo a riconoscere la forza della vita.
Forse è questo il segreto: accettare che la vita sia imperfetta, eppure bellissima.
Capire che anche quando tutto sembra rotto, qualcosa dentro di noi continua a crescere.
Il dolore non è mai fine a se stesso: è la terra da cui può nascere un nuovo inizio.
E allora, quando ti ritroverai di nuovo dentro la tua S.H.I.T. City, prova a guardarti intorno.
Magari vedrai una luce che non avevi notato. Un piccolo fiore che spinge tra le pietre. Un segno che ti ricorda che la vita, anche quando fa male, non smette mai di cercare il bello.
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