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Viaggiare tra il reale e l'irreale. Ne abbiamo già abbastanza.

E' in Italia da venerdì. Negli ultimi giorni sull’App store è la seconda applicazione per smartphone più scaricata: Pokémon Go.
Si tratta di un gioco per smartphone che permette di giocare ai Pokémon sfruttando la realtà aumentata (utilizzando cioè la geolocalizzazione e la propria fotocamera per trovare e catturare i Pokémon nel mondo vero). E' un gioco che riprende alcuni dei princìpi dei giochi con i Pokémon che uscirono per Game Boy e poi per altri dispositivi negli anni duemila. In Pokémon Go però ogni giocatore deve vagare per il mondo (quello vero) e cercare e catturare Pokémon, con l’obiettivo di farli diventare più forti così che possano sfidare altri Pokémon di altri giocatori.

Pokémon Go è uscito  in alcuni paesi e se ne parla molto da alcuni giorni, soprattutto da quando è uscito negli Stati Uniti. Ha avuto un successo enorme: è diventata in un giorno uno dei giochi per smartphone più popolare di sempre, ha superato Whatsapp e i giornali e i siti di news ne discutono da settimane, e soprattutto le azioni Nintendo, la società di videogiochi dietro Pokémon Go, sono salite del 50% in una settimana, facendone aumentare il valore di 9 miliardi.

Pensate che l'altro giorno leggevo che  che mentre la Pokémon GO-mania dilaga in tutto il mondo, un centinaio di ragazzi romani si sono incontrati in Piazza del Popolo per la prima caccia organizzata ai mostriciattoli nella Capitale.

Riferimenti spazio temporali annullati

Ma capite bene che per il giocatore di Pokemon Go l'individualismo prevale su tutto il resto. Il gioco, infatti, si basa su regole condivise, dove i giocatori appunto traggono soddisfazione nel raggiungere l'obiettivo. Se ognuno di noi, in possesso di questa applicazione, può visionare sullo schermo del proprio smartphone dove sono posizionati gli animaletti virtuali. È quello che si sviluppa quando il "gioco" inizia che annulla la stessa idea di gioco, di partecipazione. Pokemon Go ti porta fuori, in strada, tra i parchi, all'interno di edifici sconosciuti. Da solo. L'immagine delle centinaia di persone accorse a Central Park, a New York (vedi questo link, in cerca di uno dei Pokemon più rari e quindi più ambiti, che sbattono l'una contro l'altra, è emblematica di come anche i riferimenti spazio-temporali siano annullati nella forsennata ricerca di entità virtuali che sottraggono alla vista e all'incontro delle persone reali. Non c'è un cammino e una direzione in questo andare. Ma un delirio solitario di un livello da raggiungere per potenziare il gioco.

Estremizzazione di individualismo

La "gara" non si presenta quindi come un'occasione, di gioco, di crescita o di socializzazione. È, al contrario, l'estremizzazione di una dimensione, quella dell'individualismo, che caratterizza i giovani d'oggi. I social media, a iniziare da facebook e instragram, hanno messo in evidenza l'ossimoro contenuto già nella definizione di questi programmi. Oggi vale di più condividere sui social la foto di un istante che sto vivendo, piuttosto che viverlo, fino al paradosso di non viverlo per condividerlo. Ora Pokemon Go sposta l'asticella dell'annullamento della propria individualità nell'esterno, che dovrebbe essere la dimensione dell'incontro, della condivisione, dello scambio. Fuori, ma scollegati. Connessi solo con il proprio smartphone. L'esterno funziona invece ora come teatro di scontro, di rivalità, di tentativo di primeggiare sull'altro a colpi di Pokemon raccolti in giro. 

Annullandosi la dimensione del gioco si annulla di conseguenza anche quello della crescita. Facendo regredire nella solitudine e nell'eccitazione individuale, il gioco si trasforma in pericoloso veicolo di pericoli e rischi.

Mi accorgo tutti i giorni che in città c'è sempre qualcuno (di ogni età) alla ricerca di mostriciattoli. In ufficio, per strada, al parco, ovunque.

L'innovazione tecnica che corrisponde ad una mutazione antropologica

Come dice il SIR; nulla di nuovo, dunque, ma soltanto l’integrazione dell’esistente con altre tonalità tecnologiche come la geolocalizzazione o la realtà aumentata. Ma a ogni innovazione tecnica, si sa, corrisponde una mutazione antropologica. Nel caso di Pokemon go le ambiguità da utilizzo sono dietro l’angolo e non sono per nulla incoraggianti. Scarichiamo dunque siamo. E diventiamo non solo pedine di un videogioco, ma testimonial inconsapevoli e gratuiti di una multinazionale. Pokemon go è anzitutto una straordinaria trovata di marketing globalizzata e inglobante. L’homo ludens smentisce così se stesso, annulla il principio di libertà per trovarsi ingabbiato in una (sur)realtà aumentata alla ricerca spasmodica di qualcosa che non esiste. Pokemon go, dunque, non è realtà. Nella vita offline questi animaletti della fantasia non esistono ma prendono forma in quella online così tanto da diventare presenze fisse di giornate trascorse a inseguirli.

Esistono anche casi oltre limite: C'è chi ha lasciato il proprio posto di lavoro per giocarci, come Tom Currie, un 24enne neozelandese che ha deciso che le ore libere non gli bastavano più.

Non è un caso che Pokemon Go basi la sua fortuna sul concetto di realtà potenziata. I Pokemon si inseriscono nel tessuto quotidiano di ognuno di noi, alterandolo, ed è in questa dimensione artificiale che il carattere umano perde ogni punto di riferimento tradizionale, attirato da personaggi senza fisicità ma che esistono nella realtà potenziata che predomina su quella empirica. Per il giocatore di Pokemon Go l'individualismo prevale su tutto il resto. Il gioco, infatti, si basa su regole condivise, dove i giocatori appunto traggono soddisfazione nel raggiungere l'obiettivo.

Commenti

  1. Interessante. Due considerazioni:
    1. anche a nascondino si gioca bene se ci si concentra nel nascondersi da soli. Per non parlare della maggior parte dei giochi dove più "non guardi in faccia a nessuno" più vinci. Però non è per forza individualismo. E' gioco appunto, e non sempre deve essere di squadra.
    2. Pokemon Go è solo l'ennesima novità che spaventa perché nuova. Il ritmo dell'affacciarsi di nuove frontiere è ormai molto veloce e aumenterà. Accelerare di conseguenza il sentirsi minacciati serve a poco. O meglio: protegge solo quelli che a Pokemon Go non ci giocano, consiglia a quelli che ci giocano di non farlo (e non credo ascolteranno), mentre nel frattempo la maggioranza continuerà a inciampare a Central Park.
    Forse converrebbe solo imparare a trovare spunti educativi e significativi nel ritmo giusto. Seguendo con serenità lo sviluppo della tecnologia che ci abilita a fare cose nuove, mentre rimaniamo sempre i soliti vecchi uomini, con le nostre luci e ombre che ci portiamo sempre appresso, anche laddove ci porta le possibilità del digitale...

    RispondiElimina
  2. grazie. la mia critica sta però nel fatto che viene vissuta con eccesso...e la mia considerazione sta proprio nell'eccesso che può far male per le sopracitate parole.
    Le cause effetto oggi possono essere deleterie, cosa che non accade con il nascondino.

    RispondiElimina

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